Non molto lontano da noi esiste una città, dove esiste una fabbrica, la Pfaizer, dove si produce felicità in pillola, il Soma, “euforico, narcotico, gradevolmente alienante sembra eliminare tutto quello che c’è di sgradevole”. Il farmaco per eccellenza. Un concentrato di sostanze costantemente migliorato ed aggiornato, per curare tutti i mali-antichi, appena scoperti, inventati- dal corpo dallo spirito e dalla mente -e oggigiorno non si mettono più limiti alla creatività- per sentirsi sempre più che bene, più che giovane, più che in forze, più che in
salute, più che felice.
“Se potessi essere così felice, semplicemente e solo felice, 24h su 24 in ogni istante? Non la prenderesti la soluzione ad occhi chiusi? Se fosse inoltre democraticamente elargita e sovvenzionata per una società più civile, più sana e soprattutto più stabile? Perché “non c’è civiltà senza stabilità e non c’è stabilità sociale senza stabilità individuale”. E allora è un impegno, è un bene mantenersi calmi e controllati; siamo troppi per essere di troppo, abnormi, esuberanti. E’ bene mantenere tutti i parametri nella norma, non scendere mai al di sotto di una certa soglia di felicità -non è normale, è pericoloso oscillare, avere dubbi, pensieri bui, momenti down, incubi, sogni. E’ bene camminare sui marciapiedi a distanza di sicurezza gli uni dagli altri per evitare rallentamenti, o peggio, incidenti. Solo così si può vivere a lungo, sereni e soddisfatti, fino al giorno in cui dobbiamo prevenire la vecchiaia -perché prevenire è meglio che curare- e lasciarci portare dritti dritti alla Pietraia, con la nostra stanza igienizzata, soli, per non dare brutti spettacoli, ma con televisione costantemente accesa, un sasso col
nostro nome inciso fuori dalla soglia e somministrazioni crescenti di Soma: più di sei per morire alfine beati, nel modo più semplice, dignitoso e indolore possibile.
Note dell’autrice
Undici abitanti attraverso le loro particolari vicende, che si alternano e si incrociano in un susseguirsi di ventitré quadri, come piccoli tasselli di un unico puzzle, come diversi ingranaggi
di un solo grande macchinario, ci raccontano la storia della città che, con la sua grande fabbrica, ha scoperto, strumentalizzato, richiesto e consumato la ricetta della felicità. Una fiaba -per l’indeterminatezza dei luoghi e dei personaggi, il carattere reiterante, il linguaggio semplice- una fiaba che si tinge di noir per riaprire un dibattito: quali forme e sfumature assume oggi la nostra idea di felicità? In quale mondo, in che tipo di civiltà potrebbe condurci la ricerca di questo tipo di felicità, assoluta e duratura? Quali sono gli interessi e le ambizioni di
chi le fornisce carburante? Il testo nasce dunque per porsi e porre domande, prendendo ispirazione dal romanzo di A. Huxley “Mondo Nuovo”, e dall’osservazione del reale, con particolare attenzione al mondo dell’industria farmaceutica: dai piani alti, dove troviamo a collaborare scienza, capitale, informazione scientifica e propaganda pubblicitaria, fino scendere nelle case dei tanti consumatori di felicità.
Il progetto “La fabbrica della felicità”, vincitore del Bando testinscena 2017, ideato e promosso dalla Fondazione Claudia Lombardi per il teatro, con il patrocinio di LuganoInScena, Divisione Eventi e Congressi della Città di Lugano, Teatro Foce di Lugano, ATIR Teatro Ringhiera di Milano e Campo Teatrale di Milano, sarà realizzato dalla compagnia Connettiv024grammi e dai suoi sei attori: Nicola Andretta, Giuseppe Attanasio, Irene Canali, Miriam Costamagna, Daniele Palmeri e Marta Salandi. Con la collaborazione di Mattia Fabris, tutor offerto dalla Fondazione al fine di premiare l’impegno dell’ensemble ed aiutarlo a raggiungere una personale e compiuta dimensione espressiva per questo progetto.