L’Avvoltoio si basa su una storia vera. Epicentro: Quirra, un piccolissimo villaggio della Sardegna sud- orientale, all’interno di un vastissimo territorio poco antropizzato e destinato al pascolo brado, che ospita, dalla metà degli anni ’50, il più grande Poligono sperimentale d’Europa. Eserciti di tutto il mondo e aziende private vengono qui per testare nuovi sistemi d’arma, addestrare truppe, simulare guerre.
Ma cosa si sperimenta in questo Poligono e cosa si è sperimentato in passato, non è dato saperlo. Troppi interessi sul tavolo, troppi segreti e omissioni. Troppe risposte, vaghe e contraddittorie. E una sola amara certezza: la sindrome di Quirra – sorella minore delle sindromi del Golfo, dei Balcani, di Mogadiscio – che colpisce civili e soldati, e alimenta il sospetto che all’interno della base, si siano usate munizioni all’uranio impoverito, con le esplosioni si siano prodotte nano-particelle di metalli pesanti e radioattivi, si siano smaltiti e stoccati rifiuti pericolosi, armi chimiche e batteriologiche.
È una storia di cui poco si sa, coperta da segreti militari e industriali, scrupolosamente protetta dal silenzio di Stato. E dal silenzio – ben più drammatico perché dettato dalla disperazione – quella parte della popolazione, socialmente più fragile, che non parla per paura. Ancora una volta, il ricatto che si tinge di dramma sociale: «se accetto e sto zitto rischio di morire, ma ho un lavoro; se non accetto, muoio di fame».
Ci troviamo nella sala prove di un teatro. Un gruppo di attori è alle prese con l’allestimento di uno spettacolo teatrale per denunciare quello che, da anni, sta accadendo all’interno e a ridosso del Poligono. Le vicende personali degli attori si intrecciano pian piano con quelle dei loro personaggi. Ricorrendo all’espediente del «teatro nel teatro», L’Avvoltoio si serve degli attori e dei personaggi per dare fiato al dolore di padri e madri, figli e figlie, fratelli e sorelle, soldati: testimoni e vittime tutti della stessa tragedia. La loro storia tocca da vicino Quirra e l’intera Sardegna, con il suo territorio occupato per il 60% da servitù militari; ma coinvolge tutta l’Italia, con i suoi Poligoni nel Triveneto, in Puglia, nel Lazio, in Toscana, su cui gravano forti sospetti di contaminazione. Per questo attori e personaggi non fanno mai nomi, né di luoghi, né di persone. L’Avvoltoio racconta la loro storia così com’è, cruda e ruvida. Vuole scuotere lo spettatore; farlo riflettere, arrabbiare; spingerlo a fare domande, e chiedere le risposte a chi quelle risposte deve darle. C’è una strage in corso. Silenziosa.
Oggi è in corso il processo che vede, per la prima volta in Italia, dietro il banco degli imputati, otto alti ufficiali militari. (Anna Rita Signore)
ll titolo fa riferimento alla canzone di protesta scritta da Italo Calvino e musicata da Sergio Liberovici e che prenderà avvio da uno studio, nel 2016, sul contesto dei poligoni militari in Sardegna (in particolare, quello di Quirra) e sulle ragioni di chi, per ragioni di tutela della salute, della natura o della pace, manifesta contro di essi. Anna Rita Signore mi ha dato un testo incadescente, ruvido, da elaborare ancora, in quanto la stessa materia della sua inchiesta continua a cambiare.
Ho conosciuto e scelto gli attori in un breve seminario di tre giorni. Ci siamo messi a leggere, siamo andati ai luoghi dove le cose sono accadute e stanno accadendo, abbiamo assistito a sedute del processo che è in corso per il poligono di tiro di Salto di Quirra. Incontrato testimoni, protagonisti. Abbiamo deciso di creare un grande coro, una voce multipla che riferisse delle intime tragedie consumate in questi decenni di omertá, di menzogne, di occultamenti dell’informazione. Tuttora lo facciamo. Abbiamo coinvolto Anna Rita, l’autrice nel processo di creazione, facendole vedere scene, e ricevendo come risposta riscritture del testo che riprendessero l’andamento corale della tragedia. Gli attori si sono messi ad imparare danze, abbiamo deciso con la nostra meravigliosa scenografa di sistemare lo spazio come un luogo ambiguo, che potesse essere visto sia come un cimitero dalle cui tombe escono i testimoni, sia come villaggio, sia come una base militare con una cuadricola di luoghi, case, spazi. Siamo andati a prendere semi, sabbie, corteccie, diversi materiali da cui sono rimasti quelli che si vedono in scena. La metonimia di un paesaggio desolato della terra. Gli attori sono diventati testimoni, hanno fatto indagini. Il lavoro insieme ci ha cambiato, ci ha costretti a confrontarci. Non pensate al coro come un gruppo che dice la medesima cosa. Pensate al coro come la rivelazione del’intimo, delle lacerazioni dei corpi e delle persone che assumono un cupo volto sociale quando sono le decisioni di Stato a sentenziare il regno della malattia, del dolore, dell’omertà e dell’ingiustizia.(Cesar Brie)
Premio alla drammaturgia conferito a L’Avvoltoio dalla SIAD-Società Italiana Autori Drammatici: «Premio speciale Claudia Poggiani, all’interno del Premio Calcante 2014»
Anna Rita Signore nata a Lecce, vive a Milano. Dopo le prime esperienze come assistente alle scene e ai costumi, dal 1999 al 2015 è stata aiuto regista di Elio De Capitani presso il Teatro dell’Elfo di Milano. Da sempre sensibile alle tematiche ecologiche, ha scritto di ambiente e di bioarchitettura, ha realizzato reportage su temi ambientali e sociali. «L’avvoltoio» è il suo primo testo di scrittura teatrale.
César Brie nasce a Buenos Aires, Argentina. Arriva in Italia a 18 anni con la Comuna Baires, gruppo teatrale di cui è cofondatore, recitando in più produzioni, dirette da Renzo Casali e Liliana Duca. Con questo gruppo ha cominciato a sviluppare un’arte apolide, a stretto contatto con le molte realtà incontrate in una vita passata per scelta in esilio.
Dopo il 1975 crea a Milano il Collettivo teatrale Tupac Amaru e iniziano le colalborazioni con Danio Manfredini.
Dal 1981 al 1990 lavora insieme a Iben Nagel Rasmussen nel Gruppo Farfa e poi nel Odin Teatret nelle vesti di autore, regista e attore. Nel 1991, fonda in Bolivia il Teatro de los Andes. Con questo gruppo ha creato spettacoli che partono dalla storia o dai classici, ma calati profondamente nell’attualità: una serie di lavori esemplari destinati a girare il mondo (Romeo e Giulietta, Ubu in Bolivia, Solo gli ingenui muoiono d’amore, Dentro un sole giallo, Fragile, Otra vez Marcelo… l’Iliade, Odissea). Oggi Cesar Brie è ancora in Italia come pedagogo, e come autore/attore/regista. In Italia il suo lavoro è stato raccolto in 4 libri:César Brie e il Teatro de los Andes, della UBU LIBRI) e Dentro un Sole Giallo, IL Cielo degli Altri e L’Iliade del Teatro de los Andes, editi da Titivillus tutti a cura di Fernando Marchiori. E due documentari: Dalle Ande agli Appennini di Giancarlo Gentilucci e La Hacienda del Teatro di Reinhardt Manz.